da gadamer il lun set 08, 2014 7:33 pm
Mamma mia quale grande fiume di riflessioni, c’è proprio gran trippa (intellettuale) per i gatti.
Vorrei aggiungere (sperando che sia qualcosa di non già scritto) una considerazione di ordine metodologico e anche semantico, cioè sul senso delle terminologie variamente usate.
Allora ci stiamo chiedendo sostanzialmente due cose che vanno tenute rigorosamente distinte: la prima se il cosiddetto “matrimonio” gay sia qualcosa di riprovevole di per sé e pertanto la legge non lo deve contemplare.
La risposta mia e di diversi altri è che non abbiamo il diritto di esprimere nessun tipo di giudizio di ordine morale (buono-cattivo, giusto-sbagliato) in quanto la questione attiene all’espressione di una sensibilità interiore, personale e che non confligge o interseca con quella che è la nostra. Non perché è necessariamente la nostra o perché riusciamo a compenetrarla, ma essenzialmente per il motivo che riguarda esclusivamente i loro portatori e, qualunque sia la valutazione etica o pseudo-etica che diamo, nulla dà e nulla toglie alla visione e al vivere la propria vita secondo canoni morali propri.
Altri, non pochi (purtroppo dico io) manifestano la tendenza non solo alla condanna (il che ci sta, è convinzione legittima ancorché razionalmente insussistente, almeno se si possiede buona cultura storica, antropologica e relativa indipendenza di giudizio ma non voglio spingermi oltre, la questione è immensa) ma all’imposizione del proprio punto di vista.
E qui veniamo allo snodo cruciale: pochissimi hanno il coraggio di disvelare apertamente i loro desiderata, a volte inconsci sia concesso, che consisterebbero in un outing del genere: l’omosessualità mi fa schifo e vorrei che fosse fatto tutto il possibile per combatterla (il linguaggio è volutamente grezzo ma il concetto anche espresso in forma più elegante non muta).
Ovviamente servono degli argomenti pescati in altri campi per giustificare questa posizione. Quindi in genere si ricorre al concetto di natura, naturalità per tentare una vestizione antropologica. In seconda o a volte prima battuta si chiama a testimone la costituzione, quasi essa fosse una sorta di fonte dogmatica, un ipse dixit e pertanto verità scolpita nella pietra.
E’ problematico essere sintetici su questi argomenti però per quello che riguarda la natura si rifletta che essa è di fatto qualcosa d’inesistente se la si guarda come condizione assoluta. -Esistono tante nature quante culture- ama ripetere un mio collega validissimo antropologo e ha ragione. Lo stesso “bios” è in divenire, le forme di vita (non serve ricordare Darwin che a stretto rigore non fu neanche il primo a ipotizzarlo ma lo fu a supportarlo scientificamente) mutano e all’uomo, all’individuo, dalla propria minuscola finestrella temporale riesce difficile avere cognizione reale di ciò. Pertanto, confesso, quando ascolto appelli alla natura (fra l’altro quella di cui abbiamo una qualche nozione è quella che l’essere umano ha plasmato dopo la sua venuta) mi sento Göring con voglia di metter mano alla pistola.
Quanto alla Costituzione, su cui Observer ha detto e bene ciò che andava detto, non posso che ripetere che è stata pensata e emanata in un certo periodo e (perché no?) condizionata dal contesto storico e dalla morale dell’epoca cattolica e comunista in prevalenza, posizioni entrambe molto chiuse in tema di costumi sessuali. Comunque la corte ha ribadito che l’introduzione del legame familiare fra persone dello stesso ad opera del legislatore non andrebbe contro il suo spirito.
Ora si tratta di vedere se e quali sconvolgimenti o danni potrebbe comportare questa introduzione. Risposta: premesso che non esistono medaglie senza rovesci e che ogni novità implica assestamenti a volte con conseguenze immediate negative per molti o pochi che siano, la vera domanda da porsi e questa: ma in fin dei conti un tale allargamento dei diritti implica un restringimento dei miei o una catastrofe etica? Domanda retorica chiaramente.
@ Gad: se sei arrivato sino in fondo. Oltre alla pazienza ti riconosco acutezza di pensiero, quindi rifletti: se sei o sarai uno scienziato ringrazia i filosofi anziché sminuirne il valore. (Da Aristotele, Descartes, Galilei, Russel in ordine sparso più tanti altri che ci hanno insegnato il rigore premessa di ogni sapere)