Inoltro quanto pubblicato su un blog riguardo al mancato intervento del Papa all'apertura dell'aa dell'università La Sapienza. Sperando che possa essere spunto per una più ampia discussione, possibilmente civile...
Secolo superbo e sciocco
Così Giacomo Leopardi definiva il secolo decimonono: superbo e sciocco. Per sua fortuna, non ha avuto modo di vedere il nostro millennio. Superbia e stoltezza sono gli indici del nostro tempo, incapace di ascoltare e di apprendere, buono solo a blaterare critiche ideologiche malamente preconfezionate. La vicenda della mancata visita del Papa alla Sapienza è solo l'ultimo (e più eclatante) esempio di una deriva che coinvolge tutti gli aspetti della nostra società.
Riprendere questa vicenda è istruttivo. Il tutto nasce con la lettera di una sessantina di professori che, partendo da una citazione errata, pretende di dimostrare una contrapposizione tra il Papa, la Chiesa Cattolica e la Scienza. Superbia, poichè costoro sono convinti di essere depositari e custodi della Scienza, e Stoltezza, poichè il loro impianto ideologico si fonda sulla mala interpretazione di un discorso (quello in cui Ratzinger citò Feyerabend) mai ascoltato, di una trascrizione mai letta: si contesta ciò che mai è stato detto e si pretende di aver ragione.
Se non si avesse completamente perso la brocca e se la logica abitasse ancora questi tempi, la questione finirebbe in scuse. Già da molti secoli dovrebbe essere chiaro -e in specie a chi si definisce scienziato e che alle dimostrazioni secondo logica dovrebbe essere avvezzo- che una proposizione di cui sia falsa la premessa è inevitabilmente indimostrabile. Invece no. Invece con Superbia si pretende di avere ragione nonostante la manifesto confutazione delle proprie asserzioni, mentre la Stoltezza ingrossa le file dei "protestanti" a tempo pieno, cui è sufficiente vedere agitato lo spauracchio del nemico ideologico per lanciarsi nell'ennesima crociata. Superbia e Stoltezza, ancora, sono il volano del contestare ciò che non si è capito di quanto è stato detto da chi non si è ascoltato.
C'è, fortunatamente, un principio incontrovertibile che agisce nell'universo (divino forse?). Quello secondo il quale chi non sa ciò che dice, prima o poi, si espone al ridicolo. Anche in questo spettacolo tragico e grottesco accade. La contestazione al Papa, ormai in mano ai collettivi e ai loro maestri ideologici, sente così il bisogno di darsi altre motivazioni, aggirandosi nel campo minato delle pessime idee. Si agita così il diritto di contestare come baluardo di libertà, calpestando il più elementare "non approvo ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo". Si pretende tutelato il diritto "democratico" di esprimere il proprio dissenso attraverso la protesta, ma non si capisce da chi sia giunta la delega democratica ad impedire a chi avrebbe voluto ascoltare la lezione di Ratzinger di farlo. Si insiste sul (presunto) oscurantismo vaticano e non ci si rende conto che oscurantismo significa bandire le opinioni altrui, come ad esempio impedendo di parlare in pubblico. Superbia (pensare di essere più inteligenti della massa di trogloditi che credono in ciò ch dice il Papa) e Stoltezza (incapacità di argomentare in maniera coerente un pugno di idee rimasticate ma mai realmente comprese).
Ma, dicevamo all'inizio, quanto è accaduto attorno alla visita del Papa è esempio di qualcosa di molto più ampio. Non tanto della rinvigorita contrapposizione tra laici-laicisti e cattolici, quanto piuttosto del progressivo impoverimento educativo complessivo. Un utilizzo così scandalosamente scialbo di concetti come democrazia, libertà, scienza è preoccupante, specie se da parte di studenti universitari e docenti. Emerge il paradossale concetto per quale, in ossequio alla libertà, si deve essere autorizzati a contestare preventivamente il contenuto delle lezioni (poichè l'intervento del Papa doveva essere, almeno inizialmente, una lectio magistralis), deve potere esistere un contraddittorio tra chi è chiamato ad insegnare e chi dovrebbe raccogliere gli insegnamenti. La cosa è proficua se il rapporto è dialettico, ma è devastante se (come è oggi) la contestazione è a priori: non mi importa ciò che dici -anzi, non ti ascolto nemmeno- e manterrò comunque la mia idea. Sono libero di pensarla a modo mio. E' una forma di libertà assolutamente congrua con un secolo (superbo e sciocco) che ha completamente perso ogni forma di contatto con la Verità, per il quale la capacità critica in sè è più importante delle conoscenze su cui la critica deve essere fondata. E, infatti, è un modus vivendi che si è largamente affermato tra gli studenti di ogni età, indirizzo e latitudine. La notizia di questi giorni è che ha attecchito anche tra i docenti universitari, cosa che getta seri dubbi sulle possibilità che questa generazione e le prossime possano salvarsi dal piombare in una società in cui, bestemmiando democrazia e libertà, tutti gridano e nessuno capisce.