da admin il gio dic 05, 2013 11:36 am
Secondo me siamo troppo condizionati da quello che gli OT hanno inculcato nella mente degli assistenti: di arbitro ce n'è uno ed è lui che deve decidere. Fin dalle regioni gli OT dicono che l'assistente non deve mai intervenire, salvo sviste enormi dell'arbitro. E ci siamo talmente convinti di questo, che quando l'assistente interviene in una situazione come quella che Bluelord ha segnalato, tendiamo sempre a parlare di "grande coraggio" da parte dell'AA.
Parlare di coraggio fa presupporre che l'assistente abbia quasi una paura innata ad intervire, pur sapendo di avere ragione. Credo che questo atteggiamento sia sbagliato. L'assistente deve fare il suo dovere di coadiuvare l'arbitro, e se l'arbitro sbaglia, deve aiutarlo. Ma deve essere un atteggiamento naturale, non coraggioso.
Ricordo che una volta, in veste di assistente in una partita di allievi nazionali, l'arbitro (in forza alla CAND) diede un rigore alla squadra di casa per un fallo, netto, avvenuto però un metro fuori dall'area di rigore.
Si trattava di un contropiede e l'arbitro era lontano dall'azione,metre io ero a due passi. L'arbitro indicò il dischetto senza neanche guardarmi (forse perchè, non essendo io un assistente di ruolo ed essendo giovane, non si aspettava molta collaborazione). I giocatori non protestarono neanche tanto, forse per la loro giovane età, ma io la prima cosa che feci fu richiamare il collega perchè venisse da me. Gli dissi che il fallo era avvenuto fuori area e lui mutò la sua decisione precedente assegnando un calcio di punizione diretto dal limite dell'area.
Al termine della partita alcuni giocatori della squadra ospite, nonostante avessero perso comunque la partita, vennero a ringraziarmi per ciò che avevo fatto, dicendo che non era da tutti e che avevo avuto molto coraggio. Ma per me non si trattava di coraggio, si trattava semplicemente della cosa giusta fare.