M1313 ha scritto:Ho letto quasi tutti gli ultimi messaggi, ma non sono molto d'accordo con alcuni di questi. E... be', diciamo che leggere cose come
"non conta la volontà, ma l'intenzionalità" (?), o come
"ma sicuramente ha l'intenzione (magari inconsciamente e/o inconsapevolmente)" (??), qualche dubbio lo solleva.
Ora, i casi principali per cui un tocco con le mani diviene punibile sono
TRE:- il calciatore vuole toccare il pallone con la mano: episodio rarissimo che non capita quasi mai, eccetto che nel caso del calciatore che vuole sventare una rete toccando il pallone con le mani; non c'è molto da discutere qui;
- il calciatore vuole costituire maggiore ostacolo alla traiettoria del pallone, assumendosi quindi il rischio nell'eventualità di un tocco; qui occorre sottolineare che:
- è necessaria l'intenzione del calciatore, ovvero la sua volontà, di voler tenere le braccia larghe pr quello scopo: perché è italiano, non esiste che "intenzionalità" abbia un significato diverso da quello di "volontarietà"; non esiste un'intenzione inconscia — se il calciatore attua quel gesto intenzionalmente, si intende che lo sta facendo con piena coscienza e volontà;
- sì, ho parlato di "rischio"; ma, appunto, lo sto facendo in maniera circoscritta a questa fattispecie: il presupposto resta sempre che il calciatore abbia avuto la volontà di tenere le braccia in quella posizione con il fine di costituire un'ostacolo maggiore alla traiettoria del pallone;
- il calciatore tiene le braccia in posizione non congrua al movimento che sta effettuando, e da ciò deriva un contatto con il pallone.
L'ultimo punto è chiaramente quello che merita la maggiore espansione. Intanto, questo trova la sua giustificazione nelle pagine 20 e ss. di questo PDF (
link); la non congruità è qui descritta come la circostanza in cui un calciatore:
Settore Tecnico AIA ha scritto:[...] assuma con le braccia una posizione “innaturale”, cioè non funzionale al movimento del resto del corpo.
In questo caso, notate,
NON si parla di volontarietà, né di intenzionalità: non c'è il presupposto che il calciatore debba avere coscienza di tenere le braccia in posizione innaturale, né che abbia la volontà di agire con esse per toccare il pallone, o per essere da questo toccato. Occorre solo che l'arbitro constati i due fatti obiettivi della non congruità della posizione, e del seguente contatto mano/pallone. A tal scopo, già che ci siamo, sfatiamo anche il mito secondo cui l'aumento di volume è sempre punibile:
Settore Tecnico AIA ha scritto:Occupare maggior volume non è di per sé punibile se non è collegato ad un movimento non congruo delle braccia.
Esempio: un calciatore entra in scivolata col braccio largo, ma perché gli serve come perno d'appoggio sul terreno per compiere il gesto; se l'avversario gli calcia il pallone contro quel braccio, non può invocare il fallo di mano per aumento di volume perché si è trattato di una posizione congrua al gesto atletico che l'avversario stava effettuando.
Ecco perché ci tenevo a sottolineare, sopra, che il concetto di
"rischio" si applica
soltanto alla seconda casistica: perché molti, qui, punirebbero comunque colui che entra in scivolata secondo l'idea che questi, col suo gesto, si assumeva il rischio che il pallone gli sbattesse contro il braccio, benché questo fosse largo in maniera congrua al gesto effettuato (usando proprio la definizione scritta in quel PDF: il braccio serve come appoggio, dunque è in posizione funzionale al movimento). Ma sarebbe
ERRATO. Non si parla di rischio, qui. La non congruità è un fattore
obiettivo: se l'intervento è incongruo è fallo di mano, altrimenti non lo è (a meno che non si ricada in uno degli altri due punti, cioè voler toccare il pallone, o voler costituire maggiore ostacolo). Andare oltre significherebbe restringere la libertà del difendente di intervenire in scivolata: anche dal punto di vista del legislatore, si avrebbe il paradosso di tutelare colui che ingiustamente calcia il pallone addosso al braccio dell'avversario, anche quando questo aveva compiuto un gesto permesso dalle regole del gioco (la scivolata), e senza usare le braccia per più di ciò che il gesto stesso richiede (ossia, l'averle usate in maniera funzionale al movimento del corpo).
Questi sono i parametri per la valutazione del fallo di mano. Chiaro è che, come qualcuno ha scritto, l'arbitro non può leggere la mente: l'intenzionalità, o meno, deve poter essere dedotta da parametri oggettivi — ed è qui che entrano in gioco la distanza mano/pallone, il movimento della mano verso il pallone o viceversa, la velocità del pallone, ecc.
(Regola 12, p. 92). Ma questa è una cosa che riguarda i primi due casi, non il terzo. Se risulta palese che il calciatore non voleva toccare il pallone (proprio nel senso
"puro" del termine, come se con le mani ci avesse voluto sventare una rete), né voleva (ancora una volta, proprio coscientemente) costituire maggiore ostacolo, allora l'intenzionalità non va proprio più valutata. E nemmeno il
"rischio", o cose di questo tipo. A quel punto, conta
solo la congruità; e la domanda deve essere: per un calciatore che stava facendo quel tipo di gesto, il tenere le braccia in quella posizione è
INNATURALE, ovverosia
di nessuna funzionalità rispetto al movimento messo in atto dal corpo, oppure no?