da NicoRizzo il gio feb 14, 2019 4:28 pm
Argomento veramente interessante, e per nulla banale...
Che l'AIA sia anni luce indietro rispetto a gran parte delle federazioni straniere non è di certo un mistero: la differenza a mio avviso non sta nella difficoltà dei campionati ma semplicemente nella mentalità.
Una mentalità retrograda e chiusa tipicamente italiana.
Il mondo è in continua evoluzione tranne nell'AIA: qui è tutto fermo, nessuno si prende la responsabilità di compiere il più banale gesto che violi quei meccanismi non scritti che caratterizzano da sempre la nostra associazione.
Possibile che nessuno si accorga che il calcio va veloce? Che l'arbitro oltre a essere il conoscitore del regolamento per eccellenza debba essere un atleta?
Al giorno d'oggi, l'arbitro deve essere prima di tutto un atleta, deve essere presente, deve farsi sentire. Secondo i canoni attuali un arbitro dovrebbe raggiungere il top intorno ai 43 anni: puoi essere allenato quanto vuoi ma non sei più un ragazzino.
Quanto ho detto potrà essere facilmente smentito: siamo stati tra i primi a credere nella VAR.
Certo è vero, ma fa più clamore e successo mettere la VAR in serie A o modificare un sistema che, pur riguardando quasi tutta l'associazione, non interessa a nessuno di quelli che contano?
Come ovviare a questo problema?
Mi sembra innegabile che alla guida delle commissioni nazionali ci siano persone di una competenza tecnica straordinaria: peccato che nessuno prenda quell'iniziativa, faccia quella scommessa. In fin dei conti, pur lavorando al meglio, nessuno si sente di prendersi quella responsabilità in più, di fare quel passo avanti. La cultura del rischio è oltremodo estranea alla nostra associazione: ognuno si ferma al proprio orticello.
Ritengo che l'esperienza al CRA e agli Scambi sia molto formativa: ottimo il progetto MENTOR/TALENT ma è fondamentale che la Commissione lavori di squadra: ogni designatore dovrebbe conoscere personalmente ogni suo singolo ragazzo e lavorare
in stretta sintonia tra addetti PRI - PRO - ECC , servendosi di OA che compiono il loro compito per pura passione e che prima che al voto pensino a proporre come valorizzare i punti di forza del ragazzo e a come fortificare quelli deboli. L'OA dovrebbe inoltre proporre all' OT un percorso formativo personale per l'arbitro in questione, un programma per aiutare il ragazzo a valorizzarsi, il giovane non deve essere abbandonato a se stesso, deve essere sapientemente guidato.
Importante notare che sia comunque fondamentale avere al CRA colleghi esperti e di fiducia, i quali potrebbero essere usati allo stesso modo di adesso.
L'esperienza alla CAI, breve ma importante non la modificherei, mentre credo che alla CAN D, l'OT dovrebbe essere libero di far salire l'arbitro in cui intravede quel cosa in più: è qui che bisogna rischiare e mandare avanti chi sembra avere la stoffa. Se poi il fiore non sboccia, no problem, si potrà tornare indietro.
In CAN C l'OT deve valorizzare le qualità del singolo e aspettare il momento giusto per proporlo alla commissione superiore che deve gestire le gare di A e B, dando a tutti la possibilità di dimostrare il proprio valore.