È davvero così, però? In fondo, il problema qui è nato perché il giallo rischia di essere eccessivamente punitivo in un contesto in cui è presente il VAR, o comunque un qualsiasi di aiuto esterno e aggiunto rispetto al solo arbitro e assistenti, che permette di rilevare anche infrazioni alla regola di caratura millimetrica. Quindi, semmai, la regola era stata pensata proprio il calcio
non professionistico (o, quantomeno, per il calcio "in generale"), ed è stata emendata, eccezionalmente e temporaneamente, proprio per tutelare quei livelli in virtù dell'elevata possibilità di rilevare quella specifica infrazione.
Inoltre, benché per qualche ragione che mi è sconosciuta il regolamento italiano escluda tutta l'introduzione alle regole redatta dall'IFAB (e tra l'altro non vogliono neppure usare il template e la grafica ufficiali che sono a libera disposizione delle associazioni nazionali che lo chiedano, ma a quanto pare all'AIA piace fare tutto di testa propria), l'IFAB scrive questo proprio nel preambolo al
regolamento internazionale inglese:
Laws of the Game, p. 11 ha scritto:The philosophy and spirit of the Laws
Football is the greatest sport on earth. It is played in every country and at many different levels. The Laws of the Game are the same for all football throughout the world from the FIFA World Cup™ Final through to a game between young children in a remote village.
That the same Laws apply in every match in every confederation, country, town and village throughout the world is a considerable strength which must be preserved. This is also an opportunity which must be harnessed for the good of football everywhere
Ed è qui che, per me, l'IFAB ha ragione su tutti: specialmente sulla filosofia italiana.
Per
"filosofia italiana" intendo quel concetto, che ho notato essere ribadito spessissimo qui sul forum (e non solo), tutto italiano, che ci siano certe cose che a certi livelli "si possono fare" e certe altre che, a certi altri livelli più bassi, "non si possono fare". Robe che vanno bene per gli arbitri di Serie A, ma che se fai in terza categoria ti menano e allora niente; oppure robe, come appunto il far rispettare il posizionamento di tutti su un calcio di rigore, che possono esser fatte rispettate in campo internazionale, ma che, se provi a fare lo stesso qui in Italia, pure in Serie A, impazziscono tutti come se avessi applicato il regolamento di uno sport completamente differente.
E chi è che ha torto qui? Chi pretende che si applichino praticamente dei regolamenti diversi tra professionismo e dilettantismo (a questo punto creiamo direttamente due sport separati, no?), o chi invece
giustamente asserisce che il fatto che il regolamento sia lo stesso dalla finale di un Mondiale a Trezzano sui Naviglio sia una ricchezza da preservare, e che forse è anche uno dei motivi per cui il calcio è lo sport più conosciuto e amato al mondo? E se si accetta questo, poi è ovvio che questo regolamento, unico per tutti e per ogni luogo, sia da pensarsi in origine per i professionisti: se lo pensassimo per i dodicenni di Borgo Sperduto che fanno il torneo domenicale, quante cose dovremmo togliere che sarebbero "troppo complicate" per loro? Togliamo il gioco pericoloso, l'ostruzione, il cambio rimessa se eseguita da punto sbagliato? Tanto sono cose che, statisticamente, ai livelli più alti e conosciuti
qui in Italia non si fischiano mai, no? Eppure nel regolamento ci sono, e nessuno si sognerebbe mai di toglierle.
E in
altri posti, fuori dall'Italia, queste cose funzionano. Ho visto calci di punizione indiretti in area assegnati per gioco pericoloso nelle partite più importanti della Liga: quand'è stata l'ultima volta che è successa una cosa del genere in Italia? Quando c'era ancora Maradona, che ha segnato quel gol su punizione a due?
Se in Italia le cose funzionassero come funzionano in molti di quegli altri luoghi, ci renderemmo conto che al 99% dei casi il regolamento può essere applicato in toto, da pagina 1 a pagina 246, senza che finisca il mondo; che è un bene che sia lo stesso ovunque e dappertutto; e che per quelle poche cose che effettivamente sono or ora ignorate a livello globale (la regola dei sei secondi è una di quelle che, palesemente, so non essere applicata né in Italia, né altrove)... be', a esse l'IFAB ci sta già pensando, visto che, come ho già detto, è parte dei loro piano richiedere agli arbitri un'applicazione più stringente di norme come quella (
2017-22 IFAB Strategy Paper, p. 4). Ma per il resto, se poi arriviamo in campo internazionale e ci fanno ripetere i rigori, non è mica colpa loro che li fanno ripetere: è colpa nostra, che ci siamo
autoconvinti che questa cosa qui non deve succedere, e ci siamo
autocostretti a non farla succedere.