Abolire gli arbitri?

Tutto ciò che fa discutere sul mondo arbitrale

Abolire gli arbitri?

Messaggioda Emilio_DB2 il lun mar 10, 2008 11:53 am

Abolire gli arbitri?

Vivono un'esistenza a rischio. In alcuni casi, blindata. Gli arbitri. Come i bersagli del terrorismo e delle organizzazioni malavitose. Inaccettabile. Ma è inutile trasecolare e perfino stupirsi. Da quanto tempo, il calcio, ha smesso di essere un gioco? Secoli. Oggi è l'attività che più di tutte mobilita passioni e suscita appartenenza. Altro che la politica. Altro che la religione. La vera fede è il calcio. La vera appartenenza è quella che lega milioni di tifosi alla propria squadra. Così, le passioni politiche si trasferiscono negli stadi. Insieme all'estremismo più estremo. Uscito dalle piazze ed entrato nei campi di football, con tutta l'iconografia degli ultrà: di destra, soprattutto. Talora anche di sinistra. Difficile dimenticare i "moti" di Catania, che hanno provocato, un anno fa, la morte dell'ispettore Filippo Raciti. Né quel che è successo mesi addietro, dopo la morte di Gabriele Sandri, tifoso laziale, ucciso da un colpo di pistola esploso da un agente di polizia, in un'area di sosta autostradale. Una notte di guerriglia urbana, che ha ridotto in stato d'assedio intere zone della capitale.

Non sappiamo se le misure minacciate, allora, ai danni dei protagonisti di quella notte di ordinaria violenza - perseguiti per il reato di "terrorismo" - siano state effettivamente praticate. Tuttavia, in questo clima, come sorprendersi che gli arbitri divengano bersagli mobili non solo del risentimento partigiano dei tifosi e, in particolare, di frazioni estreme, che usano la violenza come linguaggio? Come ignorare che nel mondo del calcio, la violenza e chi la pratica hanno cittadinanza riconosciuta? Certo, le trasmissioni gridate, le moviole in diretta e quelle commentate da altri arbitri, che, smesso il fischietto, giudicano i loro colleghi di ieri: contano. Riscaldano l'atmosfera. Che nessuno intende raffreddare. Perché la vita è spettacolo. La politica è spettacolo. La violenza è spettacolo. L'odio è spettacolo. Gli arbitri, d'altronde, di questo spettacolo sono gli attori protagonisti. Icona negativa, bersaglio del risentimento espresso da ogni fazione. Sospettati e sospettabili. Perché "calciopoli" ha lasciato il segno. Ne ha compromesso la credibilità. E il "dopo" ha impresso un marchio perfino più evidente. Visto che la lista degli errori arbitrali non si é ridotta. Anzi: il contrario. Come le polemiche, accese. Più che mai. Gli stessi protagonisti di prima. Nerazzurri e bianconeri. Ma a ruoli rovesciati.

Non riusciamo, quindi, a sorprenderci. Per motivi, però, che vanno ben oltre il mondo del calcio. Perché, oggi, al centro di polemiche, sospetti, minacce: non sono solo gli arbitri. Ma tutte le figure "terze", cui è attribuito un compito "super partes". Le istituzioni che dovrebbero dirimere controversie, interpretare le regole, stabilire la "giusta" misura. Coloro che dovrebbero governare "al di sopra di tutti". I magistrati, i garanti, le "authorities". Ma anche gli istituti di statistica, che dovrebbero offrire misure e indici di riferimento: per l'economia, i prezzi, l'ordine pubblico. Per non parlare dei sondaggi. Fino alle istituzioni; ai governi nazionali e locali. In questo Paese, ormai, hanno perduto legittimità e, quindi, autorità. Che qualcuno possa agire, giudicare, decidere, misurare senza interessi di parte. Non è pensabile. Immaginabile. Per definizione. Non esistono figure "terze", istituzioni cui sia concesso di agire, decidere, di intervenire, tanto meno sbagliare. In buona fede. Gli spazi per arbitri, magistrati, authorities, istituzioni: sono sempre più angusti. Meglio abolirli tutti, questi sedicenti garanti delle regole e delle virtù pubbliche. Meglio abolire anche le regole (delle virtù pubbliche abbiamo perso traccia da tempo). Rinunciare agli arbitri per passare al "libero arbitrio" di massa. Liberi tutti. Ultrà di ogni fede calcistica, politica, localista, fondamentalista, settaria. Liberi tutti. Di confrontarsi, meglio, di scontrarsi in campo aperto.

E vinca il peggiore.

fonte:Repubblica.it
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