Capisco le vostre risposte. Sono decise ed orgogliose. Vorremmo tutti che quella fosse la realtà . Anche io sono propenso a ritenere il gruppo ancora libero sotto il profilo mentale. Tuttavia, coincidenze inquietanti ci sono e, secondo me, abbiamo il dovere di valutarle criticamente.
Penso che negare che gli arbitri subiscano pressione e influenza psicologica dalle vicende mediatiche sia come negarne l’appartenenza alla razza umana.
Tuttavia pensare a un collegamento fra talune decisioni arbitrali (pochissime diciamo la verità) che possono essere discutibili con il sospetto che siano figlie di un atteggiamento compiacente verso chi grida con voce più ascoltata, mi pare appartenere alla cosiddetta cultura del sospetto e su questo dissento.
Non per ingenuità o perché, come accennavo in apertura, pensi all'arbitro come figura tetragona, di sopra di ogni debolezza, ma per mancanza di elementi oggettivi a supporto. Stiamo parlando di un paio di casi (personalmente ritengo: una decisione corretta a Udine e una errata a Carpi ma conta poco, altri la vedono all'opposto e magari hanno ragione) che, come detto, non si possono certo configurare come “regali” a chicchessia. Vale quindi la pena di lanciare provocazioni e veleni o "vigilare"? E' l’eterna storia delle letture antitetiche: se non avessero dato i rigori qualcuno starebbe sicuramente a parlare di contro-condizionamento e mancanza di personalità.