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“Lavoriamo per garantire una classe arbitrale di alta qualità”, lo dice Stefano Farina, per il secondo anno designatore della Can B. E alla domanda quale sia il suo compito principale risponde: “Fare in modo che davanti alla stessa situazione di gioco tutti assumano la stessa decisione”.
Le squadre della Serie B ConTe.it non sono 22, ma 23. Proprio così, perché oltre ai club che sognano la Serie A e quelli che vogliono sfuggire alla Lega Pro, c’è la squadra degli arbitri, “allenata” dal designatore Stefano Farina. Un gruppo di “fischietti” giovani e altri collaudati, che deve garantire prestazioni di ottimo livello, con un metro di giudizio il più uniforme possibile. Non certamente un compito facile, per l’ex arbitro internazionale che nel giugno 2009, raggiunto il limite di età, ha chiuso con il campo per passare a un ruolo dirigenziale.
Come è stato passare dall’arbitrare in prima persona al consigliare e crescere un gruppo in via di perfezionamento?«Non è stato facile, ma sono stato fortunato, perché appena terminata la carriera arbitrale, Marcello Nicchi, Presidente dell’Associazione Italiana Arbitri e il Comitato Nazionale, mi hanno nominato Commissario della Can D. In organico c’erano 730 persone…»
Come è andata…«Dal lavorare per dare il massimo e fare bella figura in prima persona, ho dovuto lavorare per fare in modo che gli arbitri rendessero al meglio. Sono passato dall’io al “loro”. Tanti ragazzi selezionati in Serie D oggi sono in B e in A. Ora il mio compito è fare in modo che ci sia un gruppo di arbitri coeso e omogeneo.»Cioè?«La Can B ha in organico 26 arbitri, ci sono gli esordienti, giovani promossi dalla LegaPro e direttori di gara esperti, che hanno arbitrato più di 100 partite in B. Il mio compito è fare in modo che davanti alla stessa situazione di gioco tutti assumano la stessa decisione. Ci deve essere una coerenza tecnica e quando c’è coerenza tecnica vuol dire che il gruppo tende ad avere la tanto richiesta uniformità arbitrale.»PRESSIONI DA SOPPORTARE
Durante la stagione svolge colloqui individuali?«Sì, il colloquio con i ragazzi è fondamentale, per comprendere le aspirazioni, le problematiche e la psicologia di ognuno. Il mio compito è mandare in campo arbitri sereni, mentalmente liberi, in grado di sopportare le pressioni e le difficoltà di un campionato prestigioso, lungo e difficile come la B.»E proprio dalla B la televisione inizia ad avere un certo peso. Tutte le partite sono trasmesse e riprese con 3 o 5 telecamere…«Chi arbitra non deve temere la televisione o i replay, deve avere la consapevolezza che sta dirigendo in un campionato importante e che le decisioni che prende hanno una cassa di risonanza maggiore. Per crescere l’arbitro deve imparare a sopportare le pressioni post-decisione e a non temerne le conseguenze.»Prosegua…«L’arbitro deve sapere sopportare il peso delle decisioni che prende. Se c’è un fallo in area al primo minuto è normale concedere il rigore ma quello che conta, ed è il nostro lavoro, è verificare come si comporta l’arbitro nei successivi 89’. È fondamentale capire come un direttore di gara si comporta sotto stress, perché saper prendere la decisione giusta in questi frangenti è difficilissimo.»Qual è la sua professione fuori dall’ambito sportivo?«Ho una società di formazione e tengo corsi manageriali nei quali parlo di motivazione, team-building, leadership e insegno le tecniche per prendere le decisioni giuste sotto stress.»LA B BELLA E DIFFICILE
Torniamo all’arbitro: quando fischia non deve mai pensare alla decisione precedente?«Mai! Noi dobbiamo decidere di volta in volta, valutare la situazione del momento, altrimenti al posto di un arbitro che dirige abbiamo un arbitro pensante e non libero mentalmente. Per noi il concetto di qualità è molto chiaro: dobbiamo fischiare bene la prima volta e ogni volta!»Qual è il consiglio?«Davanti a un calcio di rigore o a una espulsione gli arbitri devono pensare: “Non sono io che ho voluto espellerlo, è il giocatore che ha commesso un’infrazione che mi ha costretto a estrarre il rosso”.»Come è la B dal punto di vista disciplinare?«Un campionato non facile, lo scorso anno abbiamo stabilito il record di espulsioni: 229, moltissime. Ma come ho detto alle società e agli allenatori non esiste arbitro al mondo che scenda in campo per espellere calciatori o allontanare chi siede in panchina: il calcio si gioca 11 contro 11, ma c’è un Regolamento da applicare. E chi ha comportamenti al di fuori del Regolamento, soprattutto se violenti, va sanzionato.»Lei ha un gruppo molto eterogeneo…«Sì, abbiamo 26 arbitri e passiamo da Abisso, che è alla seconda stagione e ha 29 anni, a Baracani, 41 anni, in B dall’estate del 2008. La nostra Commissione ha un obiettivo: fare in modo che davanti alla stessa situazione di gioco tutti abbiano lo stesso comportamento.»COME CRESCERE L’ARBITRO
Da questa risposta è facile intuire che il designatore sia essenziale, il sorteggio sarebbe una vera lotteria per le squadre…«Mi passi questa battuta: secondo lei Antonio Conte quando deve fare la formazione della Nazionale sceglie gli undici migliori da mandare in campo oppure li sorteggia? Io come allenatore degli arbitri ho il compito di far crescere i ragazzi assegnando a ognuno la partita giusta al momento giusto.»Ha ragione!«Io metaforicamente dico sempre che sulle spalle degli arbitri bisogna mettere chili, i chili rappresentano la difficoltà della partita che vanno a dirigere. Si inizia mettendo 10 chili e vedi come va, poi si passa a 20 e se tutto è ok si prosegue con 30, quando il ragazzo incontra delle difficoltà è il momento di fare un passo indietro, affrancarlo ulteriormente e poi riproporlo a un livello superiore.»Lei lavora in una doppia ottica? «Certo. Da una parte devo garantire il meglio per ogni partita di campionato, dall’altra devo garantire un futuro di alta qualità, formare arbitri che possano diventare un giorno “internazionali”. Devo intravedere in ognuno quali sono le potenzialità e quali i limiti.»Come effettua le designazioni? Lei ha 11 partite più gli addizionali per la Serie A…«Designiamo gli 11 arbitri più adatti alle partite della giornata, quindi ne indichiamo due che faranno il quarto uomo in gare di B (gli altri nove provengono dalla Can/Pro, n.d.a.). Ne rimangono 13, tra questi Domenico Messina sceglie gli 8/10 addizionali per la Serie A.»In pratica i suoi arbitri dirigono tutte le settimane...«Sì, normalmente arbitrano tre partite al mese. Dopo la terza gara cerco di dare un turno di stop, che va inteso come relax, viste le pressioni. Secondo me è giusto staccare la spina ogni tanto e avere un week-end per pensare ad altro.»Fino a qualche anno fa, l’arbitro dirigeva una volta ogni quindici giorni. Ora qualcosa è cambiato?«Ci sono due teorie sulle quali non esprimo giudizi, le enuncio soltanto. La prima: se il calciatore gioca tutte le domeniche l’arbitro, a sua volta, può fare altrettanto. La seconda: il calciatore gioca, mentre il nostro è un lavoro di testa, di grandissima concentrazione, quindi una settimana di stop ogni tanto è utile per recuperare, per ricaricare le pile.»CAMPO E AULA
Gli arbitri si allenano, con altri colleghi di tutte le categorie, nei “poli” di allenamento vicino a casa, poi ci sono i raduni a Coverciano. Cosa trattate in questi incontri?«Di norma i raduni sono tre giorni molto impegnativi, nei quali si arriva alle 10 ore di lezione al giorno, tra campo e aula. Per noi, la cosa fondamentale è trasformare l’errore del singolo in una opportunità che tutto il gruppo ha per non sbagliare più. Vediamo e rivediamo filmati di situazioni di gioco, di falli commessi e indichiamo quale sia il “fischio” giusto, quindi chiediamo ai ragazzi di comportarsi così nelle situazioni simili a venire. Vede, torniamo alla coerenza tecnica di inizio intervista.»E sul campo?«Tutti gli esercizi che facciamo sono volti ad annullare l’effetto sorpresa, dobbiamo essere bravi a non farci mai cogliere impreparati, per applicare al meglio il Regolamento. Tutti i lavori atletici sono improntati alla rapidità, perché per decidere al meglio dobbiamo sempre essere vicini all’azione, soprattutto dobbiamo essere reattivi e rispondere esattamente alla richiesta del momento.»L’arbitro come deve gestire l’intervallo?«Ognuno si comporta a modo suo, c’è chi rientra in spogliatoio e si cambia subito la maglia sudata, c’è chi preferisce ripercorrere immediatamente le decisioni assunte durante il primo tempo o chi si rilassa bevendo un po’ di the. Una cosa è obbligatoria: arbitro, assistenti e quarto uomo devono controllare la lista dei provvedimenti disciplinari assunti: ammoniti ed espulsi.»In pratica si incrociano i “taccuini”?«L’arbitro associa il volto dell’ammonito al numero e lo fa controllando la distinta. Dobbiamo fare di tutto per evitare errori banali o scambi di persona.»LA SETTIMANA
Vede tutte le partite?«Io e i miei vice Gabriele Gava e Cristiano Copelli vediamo in diretta televisiva l’anticipo del venerdì sera, il posticipo della domenica e quello del lunedì, mentre il sabato seguiamo dal vivo una partita a testa. Le sette che non abbiamo visto le guardiamo tra il lunedì e il mercoledì. In questo modo possiamo osservare e verificare la crescita dei ragazzi.»Lei ha arbitrato 236 partite in A, 117 in B ed è stato arbitro internazionale, ci narra qualche episodio della sua carriera?«Ne cito due, il primo è tristissimo: ho arbitrato Catania-Palermo, la partita degli scontri tra teppisti e polizia, con la morte dell’ispettore Raciti. Quel giorno ho avuto la reale sensazione di poter morire per una partita di calcio: io e gli assistenti siamo usciti dallo stadio sue due auto della polizia, siamo passati in mezzo alla guerriglia urbana, c’erano cassonetti incendiati, sassi che volavano... Per una partita…incredibile.»Il ricordo bello?«I ricordi belli sono tanti, ma ne cito due: il primo, sono nato a Genova e ho arbitrato il derby della mia città, era il mio ultimo anno e mi è stato concesso questo onore. Il secondo è sicuramente l’aver arbitrato a Montecarlo la finale di Supercoppa Europea, nel settembre 2006. Era il derby spagnolo Siviglia-Barcellona terminato 3-0 per il Siviglia.»Fonte:
"B Magazine"
Anno III - N1 2016
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