«Ritirarmi? Ma quando mai... Sono motivato come a inizio carriera e i test atletici di questi giorni hanno tempi ottimi. C’è chi ha stravolto alcune frasi dette durante il raduno Uefa. Ripeto il concetto: sono uno che fa un passo alla volta. Quindi, ora sono concentrato sul campionato, poi sarà la volta dell’Europeo. So bene che c’è un limite a 45 anni: li farò in autunno, ma esistono le deroghe. Specie per gli arbitri top class. Ecco, credo di essere stato chiaro...». Per Nicola Rizzoli le ultime settimane sono state movimentate: a metà febbraio l’infortunio al polpaccio gli fece saltare Juve-Napoli, circa un mese dopo ecco la direzione del derby di Torino con le polemiche sul caso Bonucci, poi il rigore non concesso al Barcellona in Champions, l’allontanamento contestato da Gian Piero Gasperini (tecnico del Genoa) e infine domenica scorsa il faccia a faccia con il laziale Keita.
Rizzoli, da dove cominciamo?
«Beh, la cosa che mi ha dato più fastidio è stato il polverone su Bonucci: creato dal nulla».
Proprio dal nulla, no. La foto...
«Appunto, fatta girare sui social e accompagnata da commenti di ogni tipo. Ok i nuovi mezzi di comunicazione, ma chi fa questo di professione dovrebbe stare più attento e dare informazioni complete. Si è preso un frame e da quello si è dato per scontato addirittura che ci fosse stata una testata. Altre foto danno il senso della distanza e poi basta vedere il video per capire che non c’era nessun caso Bonucci».
Domenica scorsa il laziale Keita le si è avvicinato per avere spiegazioni dopo un’ammonizione. C’è una distanza che i giocatori devono rispettare nei confronti degli arbitri?
«Non esiste una regola, ma è ovvio che un calciatore non può avere atteggiamenti aggressivi. Ecco perché s’insegna ai giovani arbitri di tenere le distanze. Detto ciò, molto dipende da come un giocatore si approccia e dalle caratteristiche personali».
Ci può spiegare meglio?
«Prendiamo Keita: è venuto da me in modo tranquillo, senza gesti o parole concitate. E siccome sono un arbitro aperto al confronto, l’ho accettato. Se avesse usato toni sbagliati glielo avrei impedito. Con Bonucci andiamo oltre: sono stato io ad andare da lui perché stava protestando con l’addizionale. L’ho portato via e siccome continuava a dire che non era rigore, è stato ammonito. Nessuno in campo, nemmeno del Torino, ha percepito qualcosa di sbagliato. Poi ci hanno pensato i social...».
Quel derby non è stato la sua migliore direzione.
«Può essere, probabilmente ho fatto alcune valutazioni sbagliate sulle ammonizioni da dare. Così come c’è dispiaciuto per il gol del Torino annullato per un fuorigioco inesistente. Ma non era una chiamata semplice come è stato detto».
La moviola in campo o video assistenza avrebbe fatto comodo...
«Nessuno di noi è contrario alla tecnologia, può solo farci piacere. Ma deve essere certa, come sul gol non gol. Ad esempio l’uso del fuorigioco può dare dei problemi: basta fermare l’immagine un attimo prima o dopo per cambiare decisione».
Sul rigore non ha dato al Barcellona contro l’Atletico, la tecnologia le avrebbe evitato l’errore.
«Vero, in quella situazione sarebbe servita eccome. Il motivo della svista? Dalla mia prospettiva non ero sicuro che il braccio fosse dentro l’area. Tra l’altro ho avuto il dubbio che ci fosse stata una carambola sull’altra mano che era certamente prima della linea. Un errore, ma lo sa che cosa è accaduto negli spogliatoi?».
Dica.
«I giocatori del Barcellona e i dirigenti sono venuti nel nostro spogliatoio a farci i complimenti. Nessuna protesta. “Hanno meritato loro di passare” il loro commento. Si chiama cultura sportiva, in Italia non sappiamo cosa sia».
Si riferisce alle polemiche continue?
«Mi riferisco a tutto. Prendiamo il caso Vardy in Inghilterra: il Leicester è a un passo dal lieto fine di una favola bellissima, ma nessuno grida allo scandalo perché il loro attaccante più forte è stato fermato due giornate dopo le parole di troppo dette all’arbitro e dimostrate con la tv. In Italia sarebbe scoppiato il finimondo: da noi quando un giocatore è squalificato per degli insulti si fa sempre ricorso sostenendo che non ha mai detto quelle frasi. Serve aggiungere altro?».
Gasperini dice di essere stato allontanato con la moviola.
«Aveva protestato per il recupero lungo. Con me in modo accettabile, con il quarto uomo no. Glielo abbiamo spiegato al rientro in campo».
Ma c’era quel recupero? E l’espulsione contestata?
«Ho dato 4 minuti perché erano entrate 4 barelle in campo. Poi Izzo ci ma messo 80 secondi per uscire: ho fatto presente a tutti che avevo fermato il cronometro. Ecco perché siamo andati oltre i 5 minuti. Il secondo giallo non c’era? Situazione al limite, ognuno può fare le considerazioni che vuole. Come il giallo dato a Iniesta: c’era la chiara occasione da rete e quindi il rosso diretto? Ci sono pareri diversi, trovo fuori luogo le discussioni».
Accetterebbe di cambiare una sua decisione su indicazione di un collega che ha visto il replay?
«Su una situazione oggettiva come il rigore di Madrid, sì. Su tutto il resto è impensabile che l’arbitro in campo non veda le immagini. Resterebbe col dubbio e così non si fischia sereni».
Firmerebbe per dirigere una semifinale al prossimo Europeo?
«No, punto al massimo obiettivo sapendo che prima c’è la Nazionale. Spero arrivi in finale come nel 2012, magari con un risultato diverso. In caso contrario, spero di esserci io».
Fonte:
Francesco Ceniti per a Gazzetta dello Sport del 29/04/16, pag. 10