Che cosa può accadere in un movimento – quello del calcio dilettantistico – che si caratterizza per le continue aggressioni, verbali e fisiche, agli arbitri? Che anche il capo regionale dei direttori di gara, Angelo Martino Giancola, diventi oggetti di insulti, accuse e – addirittura – un calcio alla tibia. Secondo quanto denunciato dallo stesso ex arbitro vastese, tutto ciò si è verificato domenica scorsa, a Città Sant’Angelo, in occasione della finale regionale play off di Eccellenza, vinta dal Pineto con una rete contestata dal Paterno per un fuorigioco che le immagini televisive hanno messo a nudo. Un episodio decisivo ai fini della qualificazione del Pineto alla fase interregionale dei play off per la serie D. Nervosismo a fior di pelle tra i marsicani a fine partita, del quale hanno fatto le spese sia l’arbitro Cristiano Ursini, 22 anni, di Pescara che il presidente del Cra Angelo Martino Giancola. E’ lo stesso ex fischietto di serie A, vastese, a raccontare l’accaduto.
«Ero in tribuna e poco prima della fine della gara mi sono avviato verso gli spogliatoi. Lì ho trovato il ds del Paterno, Di Cicco (espulso in precedenza, ndr) che mi ha riempito di insulti. Mi ha dato del mafioso, tra l’altro. Una volta finita la partita dapprima», prosegue il racconto di Giancola, «l’arbitro è stato circondato e insultato dai tesserati marsicani mentre tornava nello spogliatoio; poi, un paio di giocatori marsicani si sono tolti la maglia e sono venuti verso di me. Hanno iniziato a inveire nel mentre Di Cicco continuava a dire “non ci parlate con quello”. I due giocatori in questione sono Paris e Catalli. Ma non è finita perché poi è arrivato anche il portiere Di Girolamo che mi ha sferrato un calcio all’altezza della tibia. Il tutto davanti a commissario di campo, carabinieri e tanta altra gente».
Il nervosismo del Paterno (ha finito la gara in otto) è da attribuire al gol realizzato dal Pineto, in fuorigioco. «Un gol segnato nel primo tempo, quindi c’era tutto il tempo per rimediare. Ma non mi sottraggo alle mie responsabilità e mi assumo le colpe di quanto accaduto, così come ha fatto l’arbitro. Mi dispiace, mi piange il cuore per l’errore che comunque va messo in conto nel gioco del calcio. Ma secondo voi un errore basta a giustificare insulti e aggressioni? Ma dove siamo arrivati? Ma in che mondo ci troviamo?».
E lei come ha reagito?
«Cercavo di spiegare che l’errore ci può stare. Che fa parte del gioco. Ma niente! Insulti a non finire, fino al calcio di Di Girolamo. La frustrazione sta nel non poter reagire. In altri contesti è umana la reazione, anche per potersi difendere; nel caso degli arbitri no, devono subire e basta. Se avessi reagito domenica, sarei finito in prima pagina su tutti i giornali: “Capo degli arbitri picchia giocatore”. E, invece, noi a volte non possiamo nemmeno difenderci perché c’è il rischio di finire dalla parte del torto. Credetemi, a livello psicologico non è facile».
Adesso che cosa accadrà?
«Aspetto le decisioni del giudice sportivo (saranno rese note oggi, ndr) e comunque», sostiene il capo degli arbitro abruzzesi, «farò rapporto alla procura federale».
In questi giorni si è fatto sentire qualcuno del Paterno?
«No, nella maniera più assoluta. Anche se tengo a rimarcare il comportamento del presidente, un gentiluomo, uno dei pochi a mantenere la calma».
Beh nel suo racconto c’è la sintesi di quanto accaduto in questa stagione sui campi dei dilettanti abruzzesi.
«Ma a livello di Eccellenza e Promozione i casi sono stati davvero minimi. Il più si è verificato in Seconda e Terza categoria. E quanto accaduto domenica è ancora più grave in questa ottica».
Quanti casi di violenza?
«Se parliamo di violenza fisica – ovvero testate, pugni e calci all’arbitro – sono cinque o sei gli episodi accaduti in questa stagione. Se invece parliamo di aggressioni verbali, di arbitri minacciati o circondati, se ne contano altri dieci circa».
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