TECNOLOGIA COME USARLA: DIBATTITO APERTO
Il via ai test italiani sulla Var è l’occasione per un dibattito aperto: il calcio cambia, quali i rischi da evitare? Dall’ex arbitro Casarin spunti interessanti. La Gazzetta ospiterà altre opinioni.
«La tecnologia è utile e ineludibile, ma c’è il rischio di una deriva pericolosa con arbitri snaturati o persino cancellati, magari sostituiti da tecnici e perché no, giocatori». Paolo Casarin non la tocca piano. Il calcio ha virato con forza verso la strada della moviola in campo (l’ha chiamata così persino Gianni Infantino, presidente Fifa) e domani in Italia parte la sperimentazione off line della Video assistant referees (ogni giornata sotto osservazione due gare di A). Ora la nuova sfida è trovare un punto di equilibrio tra chi vorrebbe gradualmente spostare il centro del potere verso l’uomo davanti al monitor e chi spinge per interventi solo su questioni certe in modo da evitare errori decisivi, ma lasciando al fischietto un ruolo significativo. Insomma, la storia del pallone passa dalle regole cambiate e Casarin lo sa bene: da designatore e dirigente Fifa ha contribuito a un paio di «ritocchi» fondamentali. Dall’introduzione del fuorigioco passivo al divieto per i portieri di usare le mani sui retropassaggi, fino a codificare il recupero in modo preciso per ogni perdita di tempo. Due anni fa si schierò a favore della tecnologia quando Blatter e Platini allontanavano la palla in tribuna. Non ha cambiato idea, ma alcuni passaggi della Var lo lasciano perplesso.
Casarin, cosa non la convince?
«Ho seguito Kuipers in ItaliaFrancia, debutto della Var. Beh, sono sobbalzato dalla poltrona quando ho visto l’arbitro chiedere consiglio al collega davanti al monitor per scegliere il colore del cartellino da dare dopo l’entrata su De Rossi. Così non va».
Perché?
«Un arbitro di quell’esperienza a tre metri dall’azione deve valutare da solo il da farsi. Come ha sempre fatto. Se chiede aiuto, allora è finita. E’ già un ex arbitro».
Ma non è sensato evitargli una decisione sbagliata?
«Chi arriva a dirigere Europei e Mondiali deve avere qualità e non posso pensare che ora improvvisamente debba affidarsi alla Var. Vogliamo snaturare la figura dell’arbitro? Lo cancelliamo? Occhio, finiamo dritti nel burrone. Ci sono cose che le immagini non possono riprodurre: l’arbitro utilizza tutti i sensi. Annusa i giocatori, li sente parlare, vede le loro smorfie, percepisce cose che nei replay si alterano».
E quando le telecamere certificano errori importanti?
«Ecco, su quelli serve la tecnologia. Orsato in Fiorentina-Milan non sapeva se il fallo di Tomovic era dentro o fuori area. Nel dubbio ha scelto di non fischiare. La Var qui fa la differenza: dà certezze su questione impossibili per l’occhio umano. Come accade per la goal line. Ricordate il mani fischiato da Rizzoli in Champions tra Atletico e Barcellona? Una punizione al limite che era rigore. Diversa, molto diversa la questione Zampano in Genoa-Pescara».
Come mai è diversa?
«Perché la regola è stata negli anni snaturata, si è quasi legalizzato il tocco di mano quando a calcio si gioca coi piedi. Per me sono quasi sempre da punire. E invece sono fiorite interpretazioni e tante distinzioni. Ci sono voluti giorni di discussioni per definire involontario il tocco di Granqvist in Juve-Genoa. Carambole, congruità del movimento e via discorrendo sono paletti nei quali l’arbitro spesso inforca. Per una migliore applicazione della Var bisogna ripulire due regole fondamentali: fuorigioco e fallo di mano. Renderle chiare e comprensibili a tutti, dagli arbitri ai giocatori».
L’Ifab sulla Var ne ipotizza un intervento per evitare un gol segnato in fuorigioco.
«Con la regola attuale è molto difficile. Il designatore Fifa ha dichiarato che non sarebbe stato possibile applicarla al gol di Badelj in Fiorentina-Roma. Scherziamo? Quello è fuorigioco, ma se dobbiamo fare i distinguo sul portiere che vede partire il pallone perché è alto, sul naso più lungo dell’attaccante, sull’interferenza sì oppure no, siamo perduti. Semplifichiamo e torniamo a un fuorigioco umano che non dia problemi. Il calcio è creatività non si valuta col centimetro».
Insomma, aiuto tecnologico sì, ma arbitro in campo ancora al centro del villaggio.
«Certo, altrimenti come li formiamo i nuovi direttori di gara? La Var tocca l’élite del calcio, ma tutte le altre gare sono dirette alla vecchia maniera. Servono arbitri capaci di assumersi responsabilità, senza mediazioni pure di natura tecnologica. Forse alla Var andranno gli addizionali, destinati a sparire. L’alternativa è affidarsi alla tecnologia anche sulla rimessa laterale? Chi deciderà se un fallo merita il cartellino? Per caso ex calciatori che tendono ad autoassolversi?».
Cosa c’è che non le piace nel nuovo corso?
«Infantino ha portato via la Fifa dalla palude, ma se metti nei ruoli chiave prima Boban e poi Van Basten, guarda caso olandese, con compiti precisi proprio sulla evoluzione della moviola, allora mi si drizzano le antenne, forse perché conosco bene certe dinamiche. Credo che un processo così vitale per il futuro del calcio abbia bisogno anche del contributo attivo di chi ha passato la sua vita a fischiare. Negli ultimi anni ci sono stati arbitri straordinari. E sulla Var dico: il modello Kuipers ha effetti collaterali pericolosi e non considerati. Spero che la via italiana, con Rosetti, riporti il tutto verso una tecnologia utile al calcio».
Fonte:
Francesco Ceniti per La Gazzetta dello Sport del 30/09/16, pag. 18