Casarin: «Voce agli arbitri. Con la Var prima è, meglio è»
Inviato: mar feb 14, 2017 9:02 am
L’ex designatore di A: «Decisioni da spiegare entro 24 ore. Ma basta accerchiamenti e insulti»
«Andiamo al punto: il calcio affoga nell’ipocrisia. Prima di ogni gara si sprecano le strette di mano tra arbitri, giocatori e allenatori. Poi al primo fischio discutibile, ma anche no, emerge il nervosismo di chi sta in campo. L’ipocrisia scompare e iniziano insulti e aggressioni verbali nei confronti di chi dirige. Ecco, iniziamo da qui: meno strette di mano, meno falso fair play e soprattutto meno vaffa». Paolo Casarin nella sua lunga carriera (arbitro, designatore, dirigente) ne ha viste di tutti i colori e ha toccato con mano il cambiamento della figura arbitrale: da «uomo solo al comando» a «figura centrale di un team». E ora sullo sfondo c’è l’avvento della tecnologia. Eppure le polemiche sono le stesse da decenni: rigore non dato, sudditanza e cose simili. Juventus-Inter è terminata da 9 giorni, ma si continua a discutere delle decisioni prese da Nicola Rizzoli. Un tam-tam alimentato dai social, ma anche dalle dichiarazioni dei dirigenti nerazzurri e bianconeri. In questa lavatrice sono finiti lo stesso Rizzoli (automoviola con l’inviato delle Iene) e Marcello Nicchi (il presidente Aia è intervenuto alla Domenica Sportiva). Insomma, torna d’attualità il tema sugli arbitri aperti al dialogo. Ma ci sono le condizioni per questa svolta?
Casarin, cosa pensa degli arbitri afoni?
«Un errore, da correggere presto. Poteva valere 50 anni fa, quando chi dirigeva una partita non era smentito dalle tv. Ora non ha senso mantenere una posizione di retroguardia, facendo apparire l’arbitro come un eremita. E poi con la Var non potrà restare in silenzio. Un rigore potrà essere tolto con l’aiuto dei replay. E quindi è necessario che l’arbitro del futuro sappia comunicare».
Come e quando?
«Si troverà la formula migliore strada facendo, ma solo iniziando si potrà migliorare. L’arbitro potrebbe scegliere due o tre episodi oppure spiegare che cosa non ha visto in una determinata situazione. Può farlo dopo la partita o passate 24 ore».
Il mondo arbitrale, però, si sente accerchiato e questo non aiuta all’apertura.
«Hanno ragione, il problema c’è ed è enorme. E non è una esclusiva italiana, accade lo stesso in tanti altri Paesi. L’accerchiamento da parte dei giocatori fa passare un messaggio devastante: in A si manda a quel paese l’arbitro 30 volte a match. Spesso non sente, ma a casa si vede tutto. E ricordiamoci che la violenza verbale si trasforma in aggressioni tra i dilettanti con giovani fischietti mandati all’ospedale ogni settimana. Ecco perché tentare di colpire l’arbitro con una pallonata non è accettabile, così il calcio torna indietro di 60 anni».
Cosa fare, allora?
«Oggi ci sono partite con 10 ammoniti e oltre. E’ la normalità, mentre una volta chi faceva tanti gialli era considerato un fischietto mediocre. L’agonismo tracima ed è seguito da proteste. Voglio portare un esempio positivo: il Crotone ha affrontato Juventus e Roma. Una squadra che deve salvarsi contro due big. Ebbene, in 180’ ha avuto 0 ammoniti. Ha giocato, non picchiato».
E l’arbitro cosa può fare per favorire un clima migliore?
«E’ un uomo, ha lo stesso nervosismo dei giocatori e deve resistere a forti pressioni. E inoltre è un professionista: ama il calcio, lavora per migliorare, ma può sbagliare. Queste le premesse. Deve evitare gli eccessi di zelo. Non ha senso allontanare un allenatore perché ha superato di 20 centimetri l’area tecnica. Hanno diritto a sfogare le tensioni, basta che non insultino. Il dialogo è buona cosa. L’importante è mantenere le distanze. Più ci si avvicina in quei casi e più aumenta la voglia di offendere se non oltre. Gli arbitri sentono questa ostilità e reagiscono mostrando i cartellini».
Altri suggerimenti?
«Regole chiare e comprensibili da tutti, spettatori in primis. Oggi ci sono delle norme che sono un rebus, tipo il fuorigioco. Semplificare è un modo per stemperare gli animi. Se non capisco, resto diffidente. Se una decisione la comprendo, cambia tutto. Collina in un altro Inter-Juventus ha prima dato e poi annullato un gol. Si premurò di spiegarne i motivi a giocatori e panchine. A fine gara lo chiamai per dirgli che il cerchio si sarebbe chiuso se avesse parlato con la stampa. Lo ha fatto: è andata benissimo. Quello è un modello positivo».
Altri?
«Rosetti sta facendo un ottimo lavoro sulla Var. Stessa cosa della Fifa. La tecnologia cambierà molto, ma l’arbitro non sarà esautorato. Per evitare un crollo della sua figura dovrà evolversi: comunicare con l’esterno fa parte di questo nuovo modo di concepire la direzione di una gara. Prima si fa, meglio è».
Fonte:
La Gazzetta dello Sport
«Andiamo al punto: il calcio affoga nell’ipocrisia. Prima di ogni gara si sprecano le strette di mano tra arbitri, giocatori e allenatori. Poi al primo fischio discutibile, ma anche no, emerge il nervosismo di chi sta in campo. L’ipocrisia scompare e iniziano insulti e aggressioni verbali nei confronti di chi dirige. Ecco, iniziamo da qui: meno strette di mano, meno falso fair play e soprattutto meno vaffa». Paolo Casarin nella sua lunga carriera (arbitro, designatore, dirigente) ne ha viste di tutti i colori e ha toccato con mano il cambiamento della figura arbitrale: da «uomo solo al comando» a «figura centrale di un team». E ora sullo sfondo c’è l’avvento della tecnologia. Eppure le polemiche sono le stesse da decenni: rigore non dato, sudditanza e cose simili. Juventus-Inter è terminata da 9 giorni, ma si continua a discutere delle decisioni prese da Nicola Rizzoli. Un tam-tam alimentato dai social, ma anche dalle dichiarazioni dei dirigenti nerazzurri e bianconeri. In questa lavatrice sono finiti lo stesso Rizzoli (automoviola con l’inviato delle Iene) e Marcello Nicchi (il presidente Aia è intervenuto alla Domenica Sportiva). Insomma, torna d’attualità il tema sugli arbitri aperti al dialogo. Ma ci sono le condizioni per questa svolta?
Casarin, cosa pensa degli arbitri afoni?
«Un errore, da correggere presto. Poteva valere 50 anni fa, quando chi dirigeva una partita non era smentito dalle tv. Ora non ha senso mantenere una posizione di retroguardia, facendo apparire l’arbitro come un eremita. E poi con la Var non potrà restare in silenzio. Un rigore potrà essere tolto con l’aiuto dei replay. E quindi è necessario che l’arbitro del futuro sappia comunicare».
Come e quando?
«Si troverà la formula migliore strada facendo, ma solo iniziando si potrà migliorare. L’arbitro potrebbe scegliere due o tre episodi oppure spiegare che cosa non ha visto in una determinata situazione. Può farlo dopo la partita o passate 24 ore».
Il mondo arbitrale, però, si sente accerchiato e questo non aiuta all’apertura.
«Hanno ragione, il problema c’è ed è enorme. E non è una esclusiva italiana, accade lo stesso in tanti altri Paesi. L’accerchiamento da parte dei giocatori fa passare un messaggio devastante: in A si manda a quel paese l’arbitro 30 volte a match. Spesso non sente, ma a casa si vede tutto. E ricordiamoci che la violenza verbale si trasforma in aggressioni tra i dilettanti con giovani fischietti mandati all’ospedale ogni settimana. Ecco perché tentare di colpire l’arbitro con una pallonata non è accettabile, così il calcio torna indietro di 60 anni».
Cosa fare, allora?
«Oggi ci sono partite con 10 ammoniti e oltre. E’ la normalità, mentre una volta chi faceva tanti gialli era considerato un fischietto mediocre. L’agonismo tracima ed è seguito da proteste. Voglio portare un esempio positivo: il Crotone ha affrontato Juventus e Roma. Una squadra che deve salvarsi contro due big. Ebbene, in 180’ ha avuto 0 ammoniti. Ha giocato, non picchiato».
E l’arbitro cosa può fare per favorire un clima migliore?
«E’ un uomo, ha lo stesso nervosismo dei giocatori e deve resistere a forti pressioni. E inoltre è un professionista: ama il calcio, lavora per migliorare, ma può sbagliare. Queste le premesse. Deve evitare gli eccessi di zelo. Non ha senso allontanare un allenatore perché ha superato di 20 centimetri l’area tecnica. Hanno diritto a sfogare le tensioni, basta che non insultino. Il dialogo è buona cosa. L’importante è mantenere le distanze. Più ci si avvicina in quei casi e più aumenta la voglia di offendere se non oltre. Gli arbitri sentono questa ostilità e reagiscono mostrando i cartellini».
Altri suggerimenti?
«Regole chiare e comprensibili da tutti, spettatori in primis. Oggi ci sono delle norme che sono un rebus, tipo il fuorigioco. Semplificare è un modo per stemperare gli animi. Se non capisco, resto diffidente. Se una decisione la comprendo, cambia tutto. Collina in un altro Inter-Juventus ha prima dato e poi annullato un gol. Si premurò di spiegarne i motivi a giocatori e panchine. A fine gara lo chiamai per dirgli che il cerchio si sarebbe chiuso se avesse parlato con la stampa. Lo ha fatto: è andata benissimo. Quello è un modello positivo».
Altri?
«Rosetti sta facendo un ottimo lavoro sulla Var. Stessa cosa della Fifa. La tecnologia cambierà molto, ma l’arbitro non sarà esautorato. Per evitare un crollo della sua figura dovrà evolversi: comunicare con l’esterno fa parte di questo nuovo modo di concepire la direzione di una gara. Prima si fa, meglio è».
Fonte:
La Gazzetta dello Sport