Viterbo – Le telecamere di Non è l’arena a Viterbo per intervistare Marcello Nicchi.
Il giornalista della trasmissione di La7 ha fatto un agguato al presidente dell’Aia (Associazione italiana arbitri) circa la questione di un donna arbitro picchiata in campo da un giocatore.
La vicenda risale a quattro anni fa quando Elena Proietti ha preso un pugno sulla tempia mentre si trovava ad arbitrare una partita.
Il giornalista ha chiesto a Nicchi perché al tempo dell’accaduto non avrebbe fatto dichiarazioni in merito alla questione o non l’ha chiamata. La donna, a causa del colpo, avrebbe perso parzialmente la vista.
“Questo lo diranno i certificati quando vedremo se ha perso la vista o no – ha risposto Nicchi -. Andate a leggere i referti medici”.
Il cronista della trasmissione ha spiegato a Nicchi che quando in passato ci sono state altre aggressioni di questo tipo i giocatori sono stati radiati a vita.
“Perché in questo caso ad esempio – ha chiesto il giornalista – sono stati dati soltanto cinque anni? Io ho parlato con lei (ndr. Elena Proietti) e ha detto ‘se l’Aia mi fosse stata veramente vicina avremmo potuto spuntare qualcosa di più’”.
Ma la risposta di Nicchi è secca.
“Assolutamente – ha affermato il presidente dell’Aia -. Perché noi nelle vicende del giudice sportivo non ci possiamo mettere bocca in modo assoluto. Il giudice sportivo ha dato la sentenza che riteneva di dare, cinque anni, e questo hanno fatto. I fatti del giudice sportivo non riguardano me, ha capito? Dopodiché se vuole un mio parare, per episodi gravi come questo, io sono per dare di più di cinque anni o tornare alla vecchia radiazione.
I tribunali – ha proseguito Nicchi – dicono, e quello che dicono loro non ha a che vedere con noi, che quel pugno era del tutto involontario. Io su questo, mi creda, non so cosa dire. Non sono un tecnico, non sono un medico, l’Aia, ci tengo a precisarlo, ha fatto tutto quello che doveva fare”.
Infine alla richiesta del cronista di lanciare un messaggio ad Elena Proietti, Nicchi ha risposto di “fare tutto ciò che deve fare a livello penale e civile per tutelarsi”.
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