Caro Veltroni, rispondo volentieri alla Sua lettera con altrettanta e sincera stima, cercando di farlo nella maniera più trasparente e comprensibile, evitando discorsi retorici o di circostanza. Ho apprezzato molto il tono ed iconcetti espressi nelle sue parole, che sottolineano la stima per la «classe arbitrale», spesso sotto attacco più o meno discutibilmente, evidenziandone le molteplici difficoltà in cui si devono prendere decisioni importanti in frazioni di secondo. Le considerazioni da Lei menzionate però non vertono sulle decisioni, corrette o sbagliate, o su polemiche su presunti torti arbitrali, bensì su concetti che si elevano ad un piano superiore e sui quali concordo con Lei sia corretto soffermarci tutti per una riflessione. Premettendo che, se la considerazione principale riguarda la volontà di cambiare le regole del gioco del calcio, non sono la persona adatta a cui fare questa domanda poiché l’ente preposto alla stesura delle stesse è l’Ifab.
RIVOLUZIONE
Per questo motivo non mi permetto di giudicare la regola, ma possiamo riflettere sui concetti interpretativi e soprattutto sui motivi per cui una regola viene creata. Nella fattispecie, infatti, il suo primo tema riguarda i falli di mano che da sempre sono il problema di attualità da quando esiste il calcio moderno: quello in cui le partite sono«vivisezionate», per usare un termine per me discutibile, alla moviola attraverso l’utilizzo di decine di telecamere posizionate a bordocampo, sugli spalti e perfino dietro le porte. Partendo da questo presupposto, anno dopo anno il regolamento e la tecnologia si sono evoluti ed adeguati, arrivando a ciò che mi viene da paragonare alla seconda rivoluzione industriale della metà dell’800. La rivoluzione tecnologica e normativa delle ultime tre stagioni calcistiche ha cambiato e sta cambiando in maniera sostanziale l’arbitraggio. Credo sia corretto, prima di fare le altre considerazioni, guardarsi alle spalle studiando la storia o meglio ancora la citata «sperienza» leonardesca spiegata nella sua lettera (a me tanto cara in quanto architetto): tale cambiamento si è reso necessario per raggiungere obiettivi importanti quali la comprensione delle regole e l’uniformità di giudizio, senza lasciare un arbitro “al buio” delle immagini che tutto il mondo poteva rivedere dopo pochi secondi; dare quindi la possibilità a chi deve prendere le decisioni di rivalutare alcune situazioni importanti e determinanti per il risultato di una partita. Tutto ciò punta a migliorare l’attrattività del prodotto calcio e la sua credibilità, attraverso comportamenti più rispettosi di tutte le componenti sul terreno di gioco. Tornando sui falli di mano, credo sia importante analizzare i dati statistici del nostro campionato prima di paragonarli con il resto d’Europa.
ESPERIENZA
Poiché «l’esperienza è il solo insegnante in cui possiamo confidare», diceva Leonardo, dai dati si evince come i cambiamenti tecnologici Goal Line Technology e Video Assistant Referee (Glt e Var), assieme ai vari cambiamenti regolamentari delle ultime stagioni, abbiano inciso in maniera importante sui numeri globali. Ho da sempre sostenuto che fortunatamente il calcio non è una scienza esatta, per cui una giocata talentuosa di un campione o un errore di un difensore possono portare a rompere l’equilibrio di una partita anche in un modo imprevedibile; allo stesso modo non ci sono e mai ci saranno casi identici, ma situazioni simili dove sarà importantissimo per la regolarità del campionato avere omogeneità di valutazione. Così si è cercato di rendere il regolamento più oggettivo e meno interpretabile, come si evince anche dai paragrafi che lei ha correttamente riportato. Tutto ciò evidentemente non toglie la parte di interpretazione dell’arbitro, ma cerca di limitarla. Che sia giusto o meno non ha molta importanza, ciò che conta è domandarsi dove vogliamo arrivare e se stiamo intraprendendo la strada corretta. Per farlo, c’è bisogno di un confronto costante con chi scrive le regole del gioco e la conferma di questo sta nel fatto che costantemente qualche modifica viene apportata in conseguenza della ormai famosa «sperienza»
INCREMENTO
Se analizziamo assieme i dati italiani a mio avviso la preoccupazione più grande è sull’incremento generalizzato, rispetto alla scorsa stagione, di tutte le voci riportate: ammonizioni +10,5%, espulsioni +38,24%, tra le quali spiccano quelle per grave fallo di gioco o condotta violenta (+ 121,43%). Espulsioni che servono a salvaguardare l’incolumità dei giocatori più talentuosi, che dopo l’introduzione della Var erano diminuite per la consapevolezza del controllo tecnologico, e che ora si sono impennate nuovamente. La nota positiva deriva dal calo dei rossi per proteste, segnale che il cambiamento regolamentare in questo caso ha portato più consapevolezza. Per terminare il capitolo provvedimenti disciplinari c’è da rimarcare la battaglia sportiva che viene fatta alle simulazioni con un aumento delle sanzioni del 31,58%. In questo contesto, che definisco culturale italiano, poiché i numeri dei Paesi anglosassoni sono diversi, si inserisce il discorso dei falli di mano.
RILEVANZA
Lei ha ragione, quando dice che il fallo di mano che porta al decretare quella che in gergo giornalistico viene definita la «massima punizione» debba avere un riscontro nell’importanza dell’azione. Un fallo di mano che impedisce ad un tiro di arrivare in porta o un cross di raggiungere l’interno dell’area di rigore deve avere una rilevanza calcistica diversa rispetto a un tocco tra braccio e pallone innocuo che sta uscendo dall’area di rigore. Le statistiche sulla tipologia dei falli di mano, infatti, danno questo conforto. Sui 50 rigori decretati in questa stagione: 30 puniscono un braccio/mano che ha intercettato un tiro o un cross; 8 un fallo di mano volontario,mentre i restanti 12 per contatti mano/pallone dovuti alla posizione delle braccia sopra le spalle o posizionate in modo innaturale aumentando lo spazio occupato dal corpo. L’ultima categoria probabilmente rappresenta l’incremento di casi dovuto al cambiamento regolamentare con un aumento di criteri di punibilità da lei correttamente evidenziato. Oggi, infatti, la regola continua evidentemente a punire i falli volontari, ma stabilisce inoltre dei criteri di punibilità anche di ciò che non è volontario. Ci si poteva aspettare, quindi, un aumento dei calci di rigore ma non credo sia corretto imputare tutto al cambiamento della regola, accettando quindi un confronto sulle possibilità interpretative delle norme. Sottolineo, come ho sempre sostenuto, che ai giocatori non è richiesto di andare a difendere con le braccia dietro la schiena; è invece evidente che, in caso di tiro in porta o cross in area, aumentare lo spazio occupato dal corpo in modo innaturale equivale ad assumersi un rischio.
CONDIVISIONE
Questo è un approccio filosofico alla materia «falli di mano» condiviso a livello europeo (cito l’Europa perché le sue statistiche riguardano i cinque campionati più importanti) poiché ogni due settimane i designatori di quelle cinque Federazioni si riuniscono in una video call organizzata e condotta dalla Uefa proprio per avere la stessa linea di visione ed interpretazione sulle situazioni tecniche e di utilizzo del Var. È curioso osservare come le statistiche italiane e spagnole siano molto simili ma distanti dai Paesi anglosassoni. Questo denota un’influenza culturale sostanziale dei Paesi latini rispetto agli altri: un arbitro italiano nelle partite Uefa tende a fischiare mediamente 8/10 falli in meno rispetto a quelle italiane, così come le stesse squadre italiane commettono falli. Quindi, come lei ha giustamente sottolineato, il problema c’è. Sono convinto che vada affrontato tutti assieme. Esiste già un occasione di incontro tra arbitri, dirigenti, allenatori e capitani dalla quale onestamente mi sarei sempre aspettato qualcosa di diverso: proposte, idee per condividere tutti assieme una filosofia comune nelle interpretazioni delle regole. Capisco non sia facile, ma un confronto maggiore, partecipato e sereno aiuterebbe il sistema italiano a crescere maggiormente.
Fonte:
La Gazzetta dello sport del 18/07/20
pag. 12