Gli scapoli impenitenti del nostro calcio dilettantistico, da domenica, hanno una scusa in più da accampare con le aspiranti fidanzate. Se volete rimandare l'ufficializzazione del vostro vincolo d'amore, se l'idea di infilare un anello v'imbarazza, o semplicemente se non vi sentite pronti per questo passo, guardate teneramente negli occhi la vostra "lei" e ditele con dolcezza: «Cara, mi spiace davvero, ma non dipende da me: se mi metto l'anello, l'arbitro mi caccia dal campo
».
Almeno un precedente confermerà la vostra versione. Questa infatti è la singolare disavventura capitata domenica scorsa al vicentino Giovanni Nicolussi, già capitano della Primavera biancorossa all'epoca guidata da Mimmo Di Carlo e Fabio Viviani, e oggi punto di forza della difesa della Piovese, formazione padovana che milita nel campionato di Eccellenza. Per curiosa coincidenza, in una partita tra una squadra padovana e una trevigiana (la Piovese ha giocato in trasferta a Moriago), ad allontanarlo dal campo è stato un altro vicentino, l'arbitro Davide Moro della sezione di Schio.
Il "fattaccio" avviene dopo nemmeno dieci minuti dal fischio d'inizio. Moro nota che Nicolussi gioca con l'anulare coperto da un cerotto che avvolge un anello, e lo avverte che per regolamento non gli è possibile rimanere in campo indossando il monile, nemmeno se "protetto": «O lo toglie, o deve farsi sotituire», intima al giocatore. Già, toglierlo. Per Nicolussi è fisicamente impossibile: «Indosso quell'anello da sei anni, da quando cioè mi sono fidanzato, e non l'ho mai levato - racconta -. Qualche anno fa mi sono rotto quel dito e mi si è ingrossata la nocca, quindi adesso, anche volendolo, mi è davvero impossibile. L'unica opzione sarebbe segarlo».
Al di là dell'aspetto affettivo (è un anello di fidanzamento a cui Nicolussi, comprensibilmente, tiene molto, e dunque non ha alcuna voglia di romperlo), domenica pomeriggio non c'erano né il tempo, né gli strumenti per tentare a bordo campo l'operazione di "scasso". Nulla ha potuto l'ennesima e abbondante applicazione di vaselina, né il tentativo di mediazione dei dirigenti della Piovese: «Il nostro direttore sportivo è un ex arbitro e conosce molto bene i responsabili arbitrali del nostro campionato spiega Nicolussi -. Li ha contattati telefonicamente dalla tribuna, ha spiegato la situazione, e loro gli hanno detto di riferire a Moro che bastava che coprissi bene l'anello e potevo rimanere in campo. Niente da fare: l'arbitro si è impuntato sul fatto che lui conosceva certamente il regolamento meglio di noi, quindi per non costringere la mia squadra a giocare in dieci al 13' ho dovuto essere sostituito e uscire dal campo. Già mi arrabbio abbastanza se è l'allenatore a togliermi, vi lascio immaginare di che umore ero stavolta che a decidere la sostituzione è stato l'arbitro
Quando sono tornato a casa ho detto scherzando alla mia ragazza che era tutta colpa sua, e anche lei è rimasta allibita». Per la cronaca la parita è terminata zero a zero, quindi, almeno a livello "difensivo", la Piovese non ha subito alcuno svantaggio sportivo per la sostituzione forzata.
Rimane aperta la questione regolamentare, anche in ottica futura: chi aveva ragione? Nicolussi e la Piovese, che si sentono vittime di un "abuso d'ufficio", o l'arbitro Moro? Impossibile sentire la controparte, visto che gli arbitri non possono rilasciare dichiarazioni. Dalla sezione di Schio però si sottolinea che l'articolo 4 (quello che proibisce di indossare in campo orecchini, anelli o catene che in caso di contrasto potrebbero procurare una ferita a chi li indossa o ad altri giocatori) è stato recentemente integrato: se prima era possibile coprire i monili con il nastro adesivo, ora questa pratica, per aumentare la sicurezza dei giocatori, non è più concessa.
Nicolussi, al di là del mero regolamento, invoca anche l'applicazione del buon senso: «Gioco con questo anello da sei anni, ed è la prima volta che mi capita una cosa del genere assicura -. Solo un'altra volta un arbitro mi aveva chiesto di toglierlo prima della partita, ma quando gli ho spiegato che fisicamente non mi era possibile ha capito la situazione e mi ha chiesto solo di coprirlo bene con un cerotto e una benda, come del resto avevo fatto anche domenica. Da qui in avanti cosa mi devo aspettare? O mi "sfidanzo", o non posso più giocare a calcio? Mi sembra una situazione paradossale, soprattutto perché ci attacchiamo a queste cose nel calcio dilettantistico quando in serie A gente come Di Vaio esulta dopo un gol baciando la fede
». Chissà cosa ne pensa l'associazione "fidanzate dei calciatori d'Italia". Fossimo nei panni dell'arbitro Moro, avremmo un certo timore ad incontrarle...
Francesco Guiotto
fonte: ilgiornaledivicenza.it