da FigliodArte il mar apr 20, 2021 10:22 am
Il calcio non è più meritocratico da oltre vent'anni, posto che lo sia stato mai e che le eccezioni non confermino la regola.
L'idea della Superleague non mi stuzzica più di tanto, ma in questo contesto drammatico a livello economico, è comprensibile che chi investe tanto nel giochino (per far anche sì che l'Atalanta di turno si becchi i suoi soldini dei diritti televisivi...perché dubito che da Shangai o da Melbourne spendano soldi per vedere la derelitta serie A con gli Zapata ed i Malinovski di turno...con tutto il rispetto) voglia anche essere retribuito come crede di meritare.
Evidentemente, quel buco nero che è la Uefa e che ridà ai club meno della metà degli introiti che loro stessi (con i loro investimenti) contribuiscono a generare, ha fatto orecchie da mercante dal lato "euro" e la secessione è sembrata l'unica soluzione percorribile.
Come detto, l'idea non mi piace e spero che addivengano ad un accordo, ma le litanie sul calcio dei bambini, sullo sport e quant'altro, anche no.
Da mo' che non esiste più e la Superleague ne è solo la diretta conseguenza e basterebbe guardare l'albo d'oro di ogni lega nazionale per capire che hanno sempre vinto i più forti e i sogni degli underdog sono (quasi) sempre rimasti tali.
Soprattutto nell'era moderna, dove il Leicester di turno può vincere la Premier anche perché prende di diritti televisivi più della leader della serie A grazie soprattutto ad una visione lungimirante della lega in cui milita e che ha imposto televisivamente il prodotto calcio nei mercati più lontani.
Che poi gli strepiti maggiori vengano dall'Italia fa ancora più ridere.
Un paese alla deriva ed un sistema calcio che non riesce a far rispettare un protocollo, a far chiarezza sui casi dei tamponi, ad avere degli organi di governance che non vanno oltre il proprio orticello.